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Una nazione doublepeNetrat@

Storicamente il giudice è sempre stato guardato come la faccia più inumana e infame del potere, quello cioè che ha studiato, vinto un concorso e fatto carriera solo per godersi il privilegio di decidere delle vite e del destino di chi fosse stato portato al suo cospetto in qualità di imputato.

Basti leggere Il Processo di Kafka o ascoltare le canzoni del primo De André, o ancora andare a vedere che fine fa il povero Pinocchio posto dinanzi al giudice gorilla.

Poi c’è stata una svolta, qualche decennio fa, quando una nuova generazione di magistrati, con rinnovati indirizzi ideologici rispetto ai colleghi precedenti, cominciarono a perseguitare Berlusconi, appena “sceso in campo”, cercando forse di sostituirsi, in tal modo, a un’opposizione scarsa e moribonda, da cui l’attuale ha peraltro ereditato il medesimo stato psicofisico.

C’è da dire che, se da una parte quell’annosa azione giudiziaria, ora, a bocce ferme, può apparire davvero vessatoria, a sua difesa si può aggiungere che i gravi reati che cercava di sanzionare erano stati effettivamente commessi.

Fatto sta che l’indagato, Berlusconi Silvio, elesse da allora la categoria dei giudici come il proprio nemico giurato, sobillandogli contro l’intero elettorato centro-conservator-reazionario. I giudici da quel momento in poi non furono più considerati dei fascistoni come prima, bensì dei komunistacci acci acci!

Per reazione, la gauche italiana, ribaltando completamente il giudizio che su di loro era pesato sino ad allora, indicò i pretori, i pubblici ministeri e l’intero collegio giudicante come i suoi novelli beniamini, continuando invece a mostrare un più o meno esplicito disprezzo verso le forze di polizia, specie nel sottogenere delle squadre di celerini chiamati a manganellare i pacifici manifestanti (rincarando ulteriormente la dose dopo gli orrendi misfatti del G8 di Genova).

La situazione ormai si divide così: la sinistra che non perde occasione per denunciare le malefatte degli uomini in divisa, difendendo d’altra parte la magistratura quando si trova sotto attacco della destra, la quale a sua volta non perde invece occasione per riconfermare il proprio appoggio agli sbirri, qualsiasi cosa facciano.

Un giochino tra i diversi poteri dello Stato: il potere legislativo, equamente diviso nel patrocinare chi il potere esecutivo, chi il potere giudiziario.

Quelli che ci rimangono sotto, le vittime predestinate restano i comuni cittadini, sia quando si pigliano delle sonore pedate dal piedipiatti fascistoide di turno, sia quando vengono ingabbiati per un reato che non hanno commesso. A chi possono chiedere aiuto? Non certo a quella stessa magistratura che li ha condannati, ma manco alla destra o alla sinistra, impegnate entrambe a coprirne gli errori per… partito preso, è proprio il caso di dire.

C’è da avere paura in un paese che vanta i tutori dell’ordini e gli inquirenti più patetici e pericolosi di tutto l’Occidente, a dar retta alle notizie che ci arrivano, tra violenze e abusi di agenti penitenziari su detenuti minorenni e corti che comminano ergastoli a gente che dopo più trent’anni si scopre non aver commesso il fatto.

Per non parlare poi, sul fronte opposto, dei criminali lasciati liberi il giorno dopo l’arresto (grazie anche a chi le leggi le fa, cioè la classe politica nostrana, a sua volta la più incapace di tutto il mondo civilizzato).

Questa rubrica si occuperà spesso della tragica morsa giudizial-poliziesca in cui il popolo italiano è costretto, violato senza lubrificante da entrambi i lati, senza magari neanche accorgersene il più delle volte, abituato com’è… anche solo per mostrare la differenza con l’edenica società che Mister Okay saprà sostituire a quella attuale.

Nel frattempo avanziamo una piccola proposta: non sarebbe meglio automatizzare la giustizia, facendo decidere le condanne a degli algoritmi appositamente istruiti? Farebbero meno danni di certi babbei togati?

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